Chiudete gli occhi per un momento e immaginate. Immaginate di trovarvi in un campo di grano, agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso. Il sole picchia e siete a lavoro da diverse ore. La stanchezza inizia a farsi strada e indebolisce le braccia. Ma poi vi accorgete che lì in fondo, sotto l’ombra di quell’albero, c’è il sacco con il vostro pranzo. “Funnatiegl”, pane e un fiaschetto di vino. Adesso riaprite gli occhi e, con ogni probabilità, starete mimando l’atto di zappare in fretta. Perché il pranzo è vicino.
La gastronomia molisana è legata a doppio filo alla tradizione contadina. La stragrande maggioranza dei piatti deriva da questo indissolubile binomio e dall’esigenza di fornire rapidamente energia a chi lavorava nei campi. Poi vabbè, c’è anche il fattore gusto. I contadini molisani erano buongustai.
Il “funnatiegl” o “affunnatiell” nacque con questa precisa esigenza: “supportare” energeticamente chi lavora la terra. Un piatto straordinario, ricco, saporito, a cui viene dedicata una sagra annuale nel paese di Jelsi, piccolo centro in provincia di Campobasso.
La preparazione non è complicata: alcune salsicce, rigorosamente conservate sotto sugna, vengono messe a soffriggere in una padella abbastanza ampia. Ad esse vengono aggiunte le cipolle e i peperoni. Gli ingredienti iniziano la cottura, quando a un certo punto incontrano i pomodori tagliati a pezzetti piccoli e un trito di prezzemolo e basilico. Il sughetto deve essere mantenuto piuttosto lento. Verso la fine della cottura il “coup de theatre”, il tocco di classe: nel sugo vengono rotte delle uova. Appena gli albumi diventano bianchi il piatto è pronto. Viene tenuto 5 minuti a riposare e poi può essere mangiato. Come tantissimi piatti molisani, che hanno la storica caratteristica di doversi “mantenere” intatti per più tempo possibile, anche i “funnatiegl” diventano più buoni se mangiati a una congrua distanza di tempo dalla fine della cottura.