“Da piccola avevo una passione per il disegno
e per gli abiti da sposa. Mi vedevo in un atelier, tutto bianco, candido. Poi…”. Serena Di Nucci, 30 anni, nata ad Agnone (“Quando ancora si poteva nascere qui”), terza generazione alla guida dell’omonimo caseificio, sguardo cordiale e modi garbati, una formazione economico-gastronomica targata “Slow Food” alle spalle e un filo conduttore della propria vita tutto bianco. Bianco come gli abiti da sposa che sognava da piccola e bianco come il latte, quello delle mucche del suo territorio, quello acquistato dagli allevatori della zona, che ogni giorno viene utilizzato per la produzione. “Poi” riprende il filo Serena, “ecco, poi con il passare del tempo mi sono vista meglio nel regno bianco che mi ha visto nascere e crescere e che mi ha permesso comunque di esprimere la mia indole creativa”. Esempi di vita laboriosi alle spalle: i suoi genitori, i suoi nonni e anche un bisnonno, Tata Giovanni, che Serena non ha mai conosciuto, però, “a lui mi accomunano tratti somatici e gusti gastronomici. Spesso – racconta – mi rivolgo al suo spirito di vecchio massaro e mi emoziona il sentirlo vicino”. Sogni di vita, sogni di ieri e sogni di oggi… “Spero di rimanere a servizio della mia azienda e della mia famiglia al meglio delle mie potenzialità, che sia tra 20, 30 o 40 anni… e ovunque potrà essere necessario”.
“CON I PRODUTTORI RAPPORTI DA GENERAZIONI, GARANZIA SUL LATTE DI ALTISSIMA QUALITÀ”
Il Caseificio Di Nucci, gemma dell’artigianato caseario, è una delle realtà produttive di punta del settore in Molise. Tradizione ultracentenaria, perché viene portata avanti addirittura dal 1600, grandissimo lavoro con il territorio e sul territorio. Perché oltre alle connessioni con la rete di allevatori dell’Alto Molise c’è una forte componente “promozionale” del brand “Molise”. “Abbiamo quotidianamente a che fare con gli allevatori – spiega Serena – gente laboriosa, tosta, seria, ospitalissima, che conduce aziende dove il ritmo della vita è scandito dall’amore per gli animali e per il proprio lavoro. Nel raggio di 20 km dal nostro caseificio, ad iniziare dai pascoli impervi di Capracotta fino ai dolci declivi di Belmonte del Sannio, questi produttori eroici sfidano l’abbandono delle nostre montagne producendo latte di qualità superiore in termini non solo nutrizionali ma soprattutto sensoriali. Molti di loro sono già fornitori alla seconda generazione… dai tempi in cui mio nonno Antonio aprì la prima latteria ad Agnone. Mio padre ha poi continuato con loro un rapporto privilegiato, impostando le forniture sul riconoscimento economico di questa qualità. Un metodo che ci ha portato a stipulare con loro accordi basati sul benessere animale, sulla qualità dell’alimentazione del pascolo, sulle buone pratiche igieniche. Un percorso – aggiunge Serena – quasi trentennale che ci porta oggi a poter riconoscere ai nostri allevatori un prezzo del latte due volte superiore alla media di mercato italiano ed europeo. In questo modo possiamo avvalerci di una materia prima eccelsa, che manteniamo inalterata nelle sue caratteristiche scegliendo una lavorazione totalmente a latte crudo e siero innesto (il lievito madre della caseificazione), senza fermenti aggiunti che possano standardizzare la produzione. Il meccanismo della tracciabilità che abbiamo affinato ci permette inoltre di valorizzare il lavoro e i sacrifici dei nostri conferenti, perché da ogni grammo del nostro formaggio è possibile risalire lungo tutta la filiera produttiva e riconoscerne l’origine esclusivamente territoriale”.
LA FORZA DELLA FAMIGLIA
“La famiglia – dice Serena – è il filo conduttore della nostra storia e della nostra quotidianità: questo accresce in noi un senso di appartenenza e di responsabilità che unisce il nostro nucleo famigliare e abbraccia tutta famiglia allargata di chi è a vario titolo coinvolto nei nostri processi e si riconosce nei nostri valori. La produzione segue canoni tramandati di padre in figlio, e tutto ciò che condividiamo al nostro interno viene riportato nel nostro vivere aziendale. Con l’ingresso dei miei fratelli in azienda, i ruoli si sono ampliati e il lavoro di squadra si è intensificato: mia sorella Antonia in particolare si dedica alla comunicazione e all’accoglienza turistica in azienda, mentre mio fratello Francesco sovrintende le produzioni e la qualità alimentare. Il confine tra dimensione famigliare e dimensione aziendale è davvero molto labile: non so se questo sia un valore aggiunto, sicuramente la concentrazione sul da farsi rimane sempre molto alta e questo ci aiuta a incanalare le varie energie per uno stesso obiettivo”.
IL BRAND “MOLISE”
“Promuovere il Molise e la sua gente è per noi un imperativo morale: l’aver stabilito nel nostro territorio il cardine delle nostre attività non può che vederci promotori delle storie di chi anima e vive i nostri luoghi, rendendo possibile la sopravvivenza della nostra tradizione e della nostra azienda. In questo senso – spiega Serena – queste persone non ci sono solo accanto, ma vengono anche prima del nostro nome. Allevatori, collaboratori, ristoratori, clienti e visitatori: ad ognuno cerchiamo di dedicare un’attenzione particolare nell’ambito della nostra comunicazione social e delle nostre attività. Una leva fondamentale in questo senso è l’organizzazione di eventi culturali annuali nel nostro museo aziendale, tutti incentrati sui temi della nostra culturale locale nelle sue più varie sfaccettature, dalla musica alla gastronomia, dall’arte alla storia”.
I COLLABORATORI UNITI IN UNA MISSIONE
“La connessione con il nostro territorio – sottolinea Serena – è poi rappresentata dal cuore della nostra azienda: la nostra squadra produttiva e commerciale. Maestranze nate e cresciute nel nostro laboratorio, persone che hanno abbracciato la missione del caseificio con grande impegno e passione e che ora gioiscono di questi traguardi. Una famiglia allargata che sta vedendo crescere i bambini di alcuni dipendenti… sì perché nel nostro caseificio sono nati anche grandi amori, e il loro frutto sono i nostri ‘giudici’ più autorevoli, con il loro palato attento e la loro gioia! L’anello di congiunzione fortissimo con il territorio rimane comunque l’affetto della nostra clientela. Generazioni diverse di consumatori frequentano ogni giorno i nostri negozi di Agnone e Isernia: c’è chi ci ha visto nascere, chi passa anche solo per un saluto, chi si sta appassionando alle tematiche che cerchiamo di portare avanti e si fa portavoce del Molise e delle sue bontà. Clienti vicini e lontani a cui cerchiamo di offrire un servizio efficiente e cordiale, che non escluda mai un sorriso, lo scambio di una parola, un consiglio… in un’epoca di distrazione, competizione e fretta, ci teniamo particolarmente che i nostri negozi rimangano i punti di socialità e di dialogo di cui le botteghe storiche sono baluardo, specie nelle nostre realtà”.
I RICONOSCIMENTI
Il Caseificio Di Nucci ha ottenuto nel corso degli anni tanti riconoscimenti, ultimo dei quali rende Serena particolarmente orgogliosa. Si tratta dell’Italian Cheese Awards, il premio annuale conferito ai 10 migliori formaggi nazionali, ognuno per tipologia produttiva, ma tutti prodotti con latte 100%italiano. “I vincitori – racconta Serena – sono decretati da una giuria tecnica nell’ultima fase di una gara avvincente alla quale partecipiamo da qualche anno insieme ai colleghi di tutta Italia. La nostra categoria è la ‘Pasta filata stagionata’, tecnica produttiva in cui il Molise eccelle in quantità e qualità delle produzioni. La vittoria del nostro Caciocavallo di Agnone stagionato in cantina di pietra rappresenta dunque un riconoscimento importante, per un formaggio che trae il suo eccezionale profilo sensoriale da una filiera agricola totalmente locale, agli attori della quale (allevatori, casari, rivenditori) ci sentiamo di dedicare questo podio”.
QUALE FUTURO PER IL MOLISE?
Ma come immagina nel futuro, una imprenditrice come Serena, il Molise? “Quello che vorrei esiste già, nel vero senso della parola. Esiste nella sua bellezza discreta e gratuita, nello sguardo e nella laboriosità umile della sua gente, nelle tradizioni che diventano futuro, crescita, sviluppo, nel sollievo e nello stupore di chi qui si rifugia lontano da realtà più complesse dove la vita non è vita ma un meccanismo che fagocita valori e benessere. Mi viene da riflettere invece sul Molise che non vorrei più! Quello della lamentela continua, dell’approssimazione, dell’incuria a tutti i livelli e in tutti i settori del vivere comune. Un Molise ricurvo sull’ombelico del suo provincialismo. La ricetta perfetta per uscirne esiste e lo sappiamo: è il buon senso. Ma anche l’ambizione di diventare una regione che nelle sue dimensioni trova i motivi di un virtuosismo diffuso, che ci distolga dal pensiero di dover competere goffamente al nostro esterno ma rimetta al centro l’‘interno’: la qualità della vita dei suoi abitanti. Siamo tutti chiamati ad impegnarci. È solo così che si diventa attrattivi”.