Erno Rubik, designer e architetto ungherese, a metà degli anni ’70 si trovò di passaggio in Molise per seguire alcune conferenze in Italia. Aveva un’idea in mente, Rubik, un’idea che però ancora non prendeva forma. Appassionato di logica e matematica aveva immaginato un rompicapo: nei suoi pensieri c’era un cubo, con diverse “piastrelle” in movimento sulle sue diverse facce. Ma il signor Rubik, di matrice sovietica, ragionava in bianco e nero. La scintilla si accese un giorno in cui, svegliatosi di buonora in un hotel di Isernia, fece una passeggiata al mercato cittadino. Fu investito da profumi, sapori ma soprattutto colori. E in quel momento ebbe l’intuizione: il “cubo” che è passato alla storia con il nome “cubo di Rubik” prese in “prestito” dal mercato tutti i colori e assunse l’aspetto per cui lo conosciamo ancora oggi.
Verità o leggenda? Chissà, sta di fatto che il mercato cittadino, usanza commerciale nota dalla notte dei tempi, è un trionfo di aromi, sensazioni e sapori. Un palcoscenico del grande teatro della commedia umana in cui ognuno recita una propria parte. In Molise sprigiona tutta la sua potenza genuina. È facile trovare un mercato, per quanto piccolo, in moltissimi centri della Regione.
Capita non di rado che a vendere i propri prodotti siano gli stessi contadini che hanno raccolto la mattina stessa le verdure nel proprio orto. La “strategia di marketing”, se così vogliamo definirla, è tanto semplice quanto spiazzante. “Sbamm”, la merce è posta tra il venditore e il cliente, “anticipa” il dialogo tra i due, diventa la vera protagonista della scena. Le figure impegnate nella compravendita quasi scompaiono, oscurate dalla “potenza” della materia prima. Materia prima che compie solo pochi metri. Ma che, come nel caso dell’illustre architetto ungherese, può ispirare con la forza della semplicità.